Mi verrebbe da dire che Siena ha due province, se non tre, in una. Due paesaggi, due anime. La parte più a Nord, verso Firenze, è quella del Chianti senese. Paesi come Radda, Castellina in Chianti: il paesaggio è quello toscano classico: filari di viti, strade contornate da cipressi, colline dolci, con qualche punta appena più aspra.
Pochi chilometri più a Sud (ma almeno un’ora di macchina ci vuole), passata Siena e imboccata la Cassia, si viene catapultati nell’altra metà del territorio senese: la Valdorcia. E ci si ritrova in un paesaggio totalmente diverso. Gli elementi sono sempre gli stessi: le viti, le colline, i cipressi. Ma cambia la luce, cambiano i colori, le rotondità: il paesaggio diventa quasi irreale, sfondo da desktop, il verde delle colline e il blu del cielo si fanno più intensi.
Le ho percorse a lungo queste strade (fra l’altro guidare qui è divertentissimo) nelle ultime settimane, con due viaggi fra le strutture ricettive del senese, zona dove mi capita di tornare spesso: San Gimignano, il Chianti di Castellina e Radda e giù nella Valdorcia e, ancora, a Montepulciano.
Ci sono dei momenti che, fra i tanti incontri e le tante persone che ho conosciuto in questi giorni, mi porterò dentro particolarmente. Uno è questo: le undici di sera a San Gimignano: ci sono solo io a passeggiare nella piazza del Duomo, che di giorno trabocca di turisti. Improvvisamente la piazza si anima. Non sono i soliti giapponesi o tedeschi che per tutto il resto del giorno affollano i negozi un po’ troppo turistici. No, ci sono una ventina di persone del posto. E cominciano un’intensa sessione di allenamento di tiro alla fune, forse in vista di qualche manifestazione folkloristica. Ci danno dentro, uomini e donne. Per questa sera sono i soli in piazza. Io, l’unico spettatore. Passa un ragazzo. “Vieni anche te a tirare”, gli fanno. “Macché: non posso”, risponde quello. “Io sono di Volterra”. Ah, il campanilismo.
L’unico spettatore ero anche per questo tramonto della foto qui sopra, alla cappella di Vitaleta, uno dei posti più fotografati della Toscana, ok, ma se un’immagine è un classico ci sarà un perché. Come un classico sono i famosi cipressi di San Quirico, diventati il marchio della Toscana stessa e bersaglio dei fotoamatori di mezzo mondo.
Ho avuto la fortuna di dormire ancora una volta – forse l’ultima per lavoro: ci sono sei fra alberghi e B&B e li ho fotografati tutti… – a Bagno Vignoni, un minuscolo centro termale a sud di San Quirico. Svegliarsi la mattina presto e girare da soli intorno alla vasca cinquecentesca respirando la nebbiolina dell’acqua termale che sgorga sempre calda è un’esperienza per cui vale la pena venire da queste parti fuori stagione. A questo giro ho conosciuto anche un’altra piccola località termale della zona, i Bagni di San Filippo: qui si può fare il bagno, gratuitamente, nelle acque calde del Fosso Bianco, fra le incredibili formazioni calcaree chiamate, per la forma e il colore, Bianca Balena.
Il vino non mi è mancato, dal Chianti classico alla Vernaccia di San Gimignano (non amo i bianchi ma per questo faccio un’eccezione), fino al mio preferito: l’Orcia Rosso che, non ditelo a nessuno, è buonissimo e costa poco. Promemoria per me stesso: la prossima volta devo evitare di bere un Nobile di Montepulciano da 13 gradi accompagnandolo solo con un panino al prosciutto per poi ricominciare a lavorare: le foto potrebbero venire mosse.