Coronavirus e informazione: si torna alla carta?

Il mio osservatorio è assolutamente parziale e non ha certo pretesa di valore statistico generale. Però è qualcosa di più di una sensazione. La mia edicolante di fiducia me lo conferma: in questi giorni si vendono molti più quotidiani cartacei, come non capitava da anni. E anche in giro a Firenze ho visto diverse persone con il giornale sotto braccio, cosa che era diventata ormai una rarità. Bisognerà vedere che cosa dicono i dati ufficiali di vendita e diffusione, certo. E mi sembra già di sentire i complottisti: questa emergenza del coronavirus la hanno inventata i giornali per vendere più copie. Non è così, ovviamente, e mi pare persino superfluo doverlo confutare.
Quello che colpisce è che, come contraccolpo di questo momento critico per la diffusione del virus, ci sia da parte della gente una ricerca di informazione di qualità, di fonti qualificate e che questa esigenza riporti diversi lettori alla carta.
Informazioni ne abbiamo tutto il giorno, incessantemente. “L’ho letto su internet”, “l’ha scritto un amico su Facebook”. In questi giorni poi è incessante e martellante. Ma non tutto ha lo stesso valore e di questo, forse, si sta tornando a rendersi conto. Non sto dicendo che tutti i mezzi di informazione abbiano agito bene e correttamente in questi giorni, ci mancherebbe. Ma i lettori hanno un’arma – i loro soldi – per premiare chi informa correttamente, senza sensazionalismo ma con precisione. Perché un’informazione corretta è un bene essenziale per la nostra vita di tutti i giorni, un bene che va pagato, come si paga un panino, come si paga un vestito. Semplicemente e banalmente perché chi scrive deve avere i mezzi per poterlo fare, per potersi occupare a tempo pieno di quello, approfondire, cercare le fonti autorevoli, limitare il rumore di fondo e dare informazioni precise, essenziali, verificate e corrette, senza gridare. Non ci sono pasti gratis, si sa. E nemmeno l’informazione è un pasto di cui pretendere la gratuità: persino Facebook o Google, dove tutto appare magicamente senza costo, lo paghiamo quotidianamente fornendo dati e raccontando tante cose di noi, privacy e dati che hanno un valore altissimo.
Quando da questa crisi ne usciremo – e ne usciremo avendo a disposizione le informazioni più tempestive, precise e trasparenti – dovremo tenere a mente la lezione di questi giorni. I giornalisti da un lato facendo il loro mestiere con tutta la cautela e correttezza del caso, e anzi anche di più. E dall’altra i lettori, comprendendo l’importanza di un’informazione professionale (e quindi pagata) nelle loro vite di tutti i giorni.